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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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De Natura Deorum, I, 107
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originale
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[107] Fac imagines esse, quibus pulsentur animi: Species dumtaxat obicitur quaedam; num etiam cur ea beata sit, cur aeterna?
Quae autem istae imagines vestrae aut unde? A Democrito omnino haec licentia; sed et ille reprehensus a multis est, nec vos exitum reperitis, totaque res vacillat et claudicat. Nam quid est, quod minus probari possit, omnium in me incidere imagines, Homeri, Archilochi, Romuli, Numae, Pythagorae, Platonis -- nec ea forma, qua illi fuerant: Quo modo illi ergo? Et quorum imagines: Orpheum poetam docet Aristoteles numquam fuisse, et hoc Orphicum carmen Pythagorei ferunt cuiusdam fuisse Cerconis; at Orpheus, id est imago eius, ut vos vultis, in animum meum saepe incurrit.
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traduzione
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107. Ma ammettiamo pure che esistano delle immagini che colpiscono il nostro spirito. Si tratter?, per?, pur
sempre solo di un'immagine che non potr? dirci perch? l'essere rappresentato sia eterno e felice.
E quale sarebbe poi la natura e l'origine di codeste vostre immagini? Tutto si riduce ad un'arbitraria teoria che
risale a Democrito. Ma Democrito ebbe molte critiche ed una soluzione voi non riuscite a trovarla s? che tutto l'edificio
vacilla e minaccia di crollare. Quale teoria ? meno dimostrabile di quella secondo cui giungerebbero sino a me le
immagini di Omero, di Archiloco, di Romolo, di Numa, di Pitagora, di Platone e non in quella forma che fu loro
propria? In che modo questi uomini potranno presentarsi a noi? A chi appartengono le immagini? Aristotele sostiene
che il poeta Orfeo non sarebbe mai esistito e che il noto carme a lui attribuito sarebbe opera di un certo Cercone,
discepolo di Pitagora. Eppure Orfeo o, meglio, come voi dite, la sua immagine, s'aggira spesso nel mio spirito.
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